La stanza, ricolma di oggetti e cianfrusaglie varie, era stranamente immobile.
Come se la galassia stessa reclamasse un momento di grande rispetto.
Un silenzio irreale pervadeva l'aria. Poche persone in assoluto silenzio si scambiavano occhiate significative, mentre l'umano veniva con gentilezza appoggiato sulla sedia.
Una alta figura, sicura di sè ma visibilmente seria, impartiva ordini a chi era a lui vicino.
L'umano, con grande fatica, aprì gli occhi.
Poche parole.
L'alta figura alzò il braccio biomeccanico e l'umano continuò. A fatica.
"Dolore. lancinante. Ma ora. Posso. Finalmente. Ricambiare. Del favore. Che. Mi hai fatto."
L'umano guardò la figura con occhi dolci e buoni. Poi guardò il suo braccio sinistro.
I ragazzi capirono e si misero subito all'opera.
"Scusami. Non so se. Riuscirai. Troppo. Forte. Ma. Sei l'unico. Ti prego.."
Fu circondato da premurose braccia che lo sostennero, nel disperato sforzo di emettere un'altra parola.
"Sono. Condannato. Per me. Troppo. Tardi. Ma. Forse. Ciò che. Troverete. Potrà."
Persone abituate a spegnere una vita come schiacciare un piccolo insetto si avvicendavano attorno alla sedia, visibilmente toccate dalla situazione.
L'umano terminò di soffrire poco dopo, e reclinò la testa di lato senza un lamento.
L'alta figura ruggì ordini e ragazzi si affrettarono a portare l'umano in un posto sicuro.
Una ragazza, tra il bagno e la sala, non smetteva di piangere...
non te ne andare amico mio...